Thursday 28 May 2015

Le mamme hanno bisogno di essere state bambine felici

Google image

Le mamme hanno bisogno di saper guardare nell'abisso e stare in piedi: guardare dentro quella pancia e sopportare di vedere al contempo uno specchio e un muro. Una superficie che riflette noi, e una divisione eterna da quel che eravamo, quel che saremo e -come se già non bastasse- dalla persona indipendente e a sé stante che sarà nostro figlio.
Trovarci un pezzo in più, dentro la nostra pancia, più nostro che mai. E anche qualcosa di irrimediabilmente estraneo.

Le mamme hanno bisogno di reggere una soglia metafisica senza nemmeno sapere cosa sia la metafisica.
Hanno bisogno di reggere la sfida, e non hanno né il tempo né le parole per dirla tutta la paura che lo sfidante ci fa. Perché lo sfidante è uno bello grosso, e corazzato, uno coi controcazzi... talmente sicuro di sé da sfoggiare a testa alta un nome abusato e pretenzioso: Amore, Vita.
Le mamme hanno bisogno di mantenere l'equilibrio sulla soglia del nulla da cui arrivano i loro figli.
Anche se si concedono il lusso di non avere il tempo per dirlo o per saperlo.

Tuesday 26 May 2015

Quattro modi per facilitare l'allattamento

Mens sana in corpore sano.

Madonna del latte,  Scuola Lombarda

C'è chi ancora vede il latte materno e il latte in polvere sullo stesso piano. Ora, a rischio di fare arrabbiare qualche lettore, diciamolo: questa è una grandissima castronata.
Innumerevoli autorevoli studi hanno dimostrato la superiorità del latte materno sul latte in polvere.
E scusate, chi si sorprende? Una è la cosa vera, l'altra è il surrogato.
Vi tagliereste apposta le gambe per andare in giro con delle protesi? Non credo.
Questo vuol dire che non rispettate quelli (pochi) che hanno bisogno delle protesi?
O che non siete grate per conto del genere umano agli ingegneri che hanno inventato quei fantastici marchingegni?

Il latte in polvere è una meravigliosa, utilissima protesi. È bellissimo sapere che nel caso (solitamente improbabile) in cui ce ne sia bisogno, il surrogato del latte materno sia disponibile per tutti i bambini, e ad un prezzo ragionevole. Ma per quasi tutte noi in realtà non ci sarà bisogno. Quasi tutte potranno offrire al loro bambino quello che il bambino è nato per ricevere: il latte di sua madre.

Le cose da fare per facilitare l'allattamento sono quattro e sono piacevoli:

Friday 22 May 2015

MAMME SEXY, MAMME BELLE.


Cambiare non deve per forza significare perdersi. Può significare scoprirsi.




Sulla copertina di ELLE Australia c'è una foto che sta facendo scalpore: Nicole Trunfio allatta il suo bambino.
Bello. Ottimo che l'allattamento sia mostrato e "normalizzato" da un giornale di grande tirata come ELLE.

Ma guardiamo meglio.
Com'è Nicole?

Porta con nonchalance una giacca di pelle scamosciata che le lascia una spalla scoperta. Al suo collo una collana con fibbia dai dettagli appuntiti. Messa in piega casual chic, trucco perfetto. Sguardo sexy. Alla faccia della normalizzazione.

No vi prego, non immaginateci come delle bacchettone. Anche a noi piace metterci in tiro e andare a sorseggiare cocktails nei locali di Londra.
Ma quando lo facciamo, i nostri cuccioli li lasciamo tranquillamente a casa (tiralatte, baby-sitter - quando le nonne sono oltremanica - e compagnia).

Perché quando io allatto... gocciolo. Quindi, la giacca scamosciata, anche no.

3 cose che bisogna subito smettere di fare.


Complicarci la vita fa parte della lunga lista di innate abilità che ci differenziano dagli animali.
Abbiamo già visto qui che il nostro cervello ha il vizietto di metterci i bastoni fra le ruote al momento del parto. Oggi guardiamo alla gravidanza, che anche quella possiamo godercela un pochino di più, con grandi benefici sia per noi che per il nostro parto, e quindi naturalmente per il nostro bambino.

1) Guardare il calendario.
Nessun medico al mondo può dirci in che giorno spunterà il primo dente a nostro figlio o quando inizierà a camminare. Chi pensa di poter dire quando una donna entrerà in travaglio farebbe meglio ad occuparsi dei numeri del lotto. (cit)
Guardiamo alla nostra pancia per quello che è: un meraviglioso contenitore di vita che sta facendo un lavoro pazzesco. Può metterci normalmente tra le 37 e le 42 settimane: 40 è pura convenzione.
A chi ci chiede quando abbiamo il "termine", come se fossimo una scatoletta di formaggio in scadenza rispondiamo semplicemente: "Quest'estate, tra luglio e agosto", o "Verso Natale". Rispondiamolo soprattutto a noi stesse: usciamo dalla mentalità dell'appuntamento e della deadline incombente e risparmiamoci lo stress di pensare che nostro figlio possa davvero essere in anticipo o in ritardo.
Concedersi di accettare di pensare a un periodo anziché a una data non solo ci toglie rigidità mentale, che è sempre un fardello inutile da portare, ma può contribuire a guardare con più oggettività all'induzione. E lo approfondiremo presto.
La data presunta del parto, è, appunto presunta.

Wednesday 20 May 2015

Un papà italiano a Londra si racconta


La mano di Uberto regge la sua bellissima bambina

Uberto, italiano trapiantato a Londra da tanti anni, e sua moglie Ayumi, hanno avuto da poco la loro prima bambina. Un parto dolce e naturale, in acqua, utilizzando tecniche di Hypnobirthing. 
Qui Uberto ci racconta un po' la sua esperienza, con qualche confronto Italia-Inghilterra e una felicità palpabile decisamente contagiosa.
Dal suo confronto fra la prassi italiana e quella inglese emerge un punto molto importante: al di là delle strutture, quello che conta sono le persone.

- Come è stata, per te e tua moglie, la gravidanza a Londra? Credi che se fossi stato in Italia avresti fatto le cose diversamente?
Per noi è stata una fantastica esperienza, che oltre ad averci donato una bambina bellissima ci ha anche rafforzato come coppia. 
Siamo stati fortunati a trovare un ottimo Birth Centre* (Barkantine) che abbraccia la filosofia del parto naturale.
Da quello che ho sentito posti del genere sono molto rari in Italia.

Monday 18 May 2015

UN PARTO POSITIVO NON E' UN PARTO PERFETTO

Anche noi di IPP sappiamo che nulla nella vita è solo positivo. Rispettiamo e onoriamo anche le ferite.



Google Image


Scrivere di gravidanza e parto è come essere un elefante in una sala di cristalli. Per quanto si cerchi di esprimersi con moderazione e rispetto, si finisce sempre per gettare inavvertitamente sale su ferite aperte.

Il fatto è che a noi mamme (presenti e future) le ferite (subite e temute) non mancano. Per dare al mondo i nostri figli, ci dobbiamo aprire andando contro ogni istinto di auto-difesa (perché l'istinto di preservare la specie lo batte), diamo spazio, ci dilatiamo, ci laceriamo, ci lasciamo tagliare dal bisturi. Comunque vada, il nostro corpo porterà per sempre ferite e cicatrici, più o meno visibili, più o meno dolorose.

E così anche la nostra mente.

E così anche il nostro cuore (chiamatelo pure "sede delle emozioni" se la parola "cuore" vi dà la nausea appena la leggete).

Elaborare quello che ha ferito la nostra mente e il nostro cuore è importante tanto quanto esercitare il pavimento pelvico dopo il parto...e altrettanto faticoso (o forse di più).

Dopo il mio primo parto ero felice. Il mio bambino era sano. Io ero sana. Il mio travaglio era stato lungo ed intenso. Stressante a momenti. Come una ferrata un attimo troppo alta per il mio livello alpinistico. Meraviglioso.
Tutto si era svolto nel rispetto più totale della mia fisiologia, mio marito e la mia ostetrica erano stati meravigliosi. Raphaël ha subito imparato a poppare e (dopo il normale dolore ai capezzoli -mitigato alla grande dalla meraviglia- della prima settimana) l'allattamento proseguiva a gonfie vele. Ero veramente sinceramente pienamente felice.

Eppure.

Wednesday 13 May 2015

PARTO CESAREO. La storia di Flavia.



Flavia di Genitorialmente.com e i suoi gemelli.

Qualche tempo fa abbiamo parlato di parto cesareo e vi abbiamo anticipato che avremmo condiviso una storia vera, vissuta in prima persona. Flavia di Genitorialmente.com si è coraggiosamente fatta avanti. (Se volete raccontarci il vostro parto, contattateci anche voi!). Le abbiamo fatto qualche domanda e lei ci ha raccontato la sua storia, fra dolori e gioie, gratitudine e speranza.

Ci ha colpite in particolare come Flavia ci ricordi quanto valga condividere le nostre esperienze, soprattutto quelle più dure. "Fare rete", lo chiama lei. E ci piace.

Vi riportiamo qui l'intervista integrale. Buona lettura.

1. Perché hai scelto/dovuto fare un cesareo?

La gravidanza dei gemelli è stata molto complessa e, come mi avevano preannunciato i medici, verso la fine della 30-esima settimana si sono rotte le acque ed è stato obbligatorio intervenire con un cesareo.
In ogni caso, anche se fossimo andati più avanti con la gravidanza, uno dei gemelli era in posizione podalica, le mie speranze di un parto naturale erano, quindi, veramente minime.

Monday 11 May 2015

PREPARARE IL PRIMO PARTO. Ovvero come reinventare l'acqua calda.


Nadia allo studio Triyoga




Ho sempre voluto avere una famiglia ma fino a 27 anni non mi sono mai posta il problema del parto.

Mia mamma (post-sessantottina senza peli sulla lingua) mi aveva detto una cosa del tipo "Senti male sì, ma è un male che ha un senso. Un po' come quando vai di corpo: fai uno sforzo, ma poi ti senti meglio." Devo aver avuto 15 anni e l'ho presa sul personale. Ecco un'altra ottima ragione per indignarmi contro di lei, madre snaturata che mi paragonava alle sue feci, oltre a farmi rientrare a mezzanotte il sabato sera e a non comprarmi i Levi's 501.

Dodici anni dopo sono rimasta incinta. Abitavo a Londra. Quando rimani incinta già ti poni tante domande. Lontana da casa le triplichi. Devi reinventare l'acqua calda tu da sola.

Il mio primo istinto è stato: "Un medico! Devo vedere un medico!" Raphaël era stato concepito da due settimane e un giorno e io già mi precipitavo in ambulatorio: "Sono incinta! Fate qualcosa!!" "Signora, ritorni fra tre mesi. Per ora non c'è nulla da fare" Eh?? No no no, non è possibile: questi medici inglesi sono delle mezze pippe. Mi serve un medico privato. "Buongiorno dottore, sono incinta." "Signora, ritorni fra tre mesi. Per ora non c'è nulla da fare. Sono 70 Sterline."

Insomma i medici, gratis o a pagamento, non mi hanno saputa aiutare.

Friday 8 May 2015

Contrazioni: tutto quello che devi veramente sapere (e nessuno ti dice)



Cosa si contrae?
L'utero. Che è un fascio di muscoli.
Quali altri muscoli del corpo fanno un male cane quando lavorano correttamente?
Nessuno.

Quindi perché le nostre contrazioni devono essere un calvario?
- Perché abbiamo un cervello complesso (su cui vi abbiamo già ammorbato qui e qui).
- Perché non ci prepariamo (e non ci preparano) adeguatamente.
- Perché ci complichiamo (e ci complicano) la vita.

E allora queste contrazioni, questi movimenti dell'utero, cerchiamo di conoscerli e capirli.
Che poi ci fanno meno paura. E anche meno male.

1) Le contrazioni non le subiamo, le facciamo noi.
Non sono botte in testa che un pazzo sadico ci somministra mentre abbiamo la testa in un sacco. Sono un movimento preciso che il nostro corpo sa fare. Se noi sappiamo cosa e come sta facendo e glielo lasciamo fare.

Thursday 7 May 2015

MATRIMONIO E PARTO. LA PREPARAZIONE FA LA DIFFERENZA.

Un matrimonio perfetto
Domenica sono stata ad un matrimonio.
Tutto, ma proprio tutto tutto, era stato predisposto perché la giornata filasse via liscia. Tutti, ma proprio tutti tutti - sposi e ospiti, uomini e donne, onnivori e vegetariani - veleggiavano su una piccola nuvoletta rosa di perfezione.
C'erano giochi per i bambini e sedie per gli anziani, sempre pronti al posto giusto e al momento giusto. C'era una cena nè troppo lunga nè troppo corta. C'era champagne per chi lo voleva e sciroppo di sambuco per chi lo preferiva. C'era un primo ballo nè troppo complicato nè troppo semplice. 
E intanto che nessuno pensava a queste cose perché tutto filava via liscio, una sola grande verità emergeva lampante per tutti: l'amore che legava gli sposi. 

Ci sembra normale passare mesi e mesi a preparare il nostro matrimonio, e quando lo facciamo bene, i risultati si vedono: siamo liberi dai dettagli tecnici, dall'ansia e dalla paura e ci possiamo concentrare sull'essenziale. 

Lo stesso vale per il parto.

Se siamo pronte, se sappiamo come funzionerà il nostro corpo, se abbiamo a portata di mano l'olio essenziale alla lavanda e la palla da pilates (o qualsiasi altro oggetto ci faccia sentire comode e a nostro agio), se il nostro partner è al corrente delle nostre preferenze e desideri, se il personale che ci segue ci conosce...allora ci possiamo rilassare e possiamo concentrarci sull'essenziale: accogliere il nostro piccolo in questo mondo con l'amore e la dolcezza che si merita.

A quanto pare una donna spende in media 120 ore per preparare il suo matrimonio. 40 ore (un'ora per ogni settimana di gravidanza) sarebbero abbondantemente sufficienti per preparare il proprio corpo e la propria mente al parto, e darsi così la chance di un parto positivo. Ne vale la pena.

Il gesto spontaneo che può nascere solo perché tutto il resto è già stato preparato.




Monday 4 May 2015

A 10 ore dal parto.


Kate e WIlliam portano a casa la loro piccolina. Nata da 10 ore.

Qui in UK la piccola Royal Baby ha oscurato anche il dibattito politico.
Vederle andare a casa a 10 ore dal parto, come fa ogni mamma sana con un bimbo sano qui, -a parte mettermi di fronte alla insuperabile tragicità dei miei capelli, che quella messa in piega a me non sta neanche appena uscita dal parrucchiere- mi ha fatto ripensare ai 3 giorni passati in ospedale quando è nata la mia bimba. E alle persone con cui li ho condivisi.
7 anni fa, restare in ospedale 3 giorni dopo il parto mi sembrava sensato. Se non altro è stato istruttivo.

Quando sono arrivata, ancora incredula di avere una bimba tra le braccia e che fosse mia, dei sei letti nella stanza solo 2 erano occupati. La bionda accanto alla finestra, quella con l'aria inspiegabilmente fresca e riposata, me la ricordavo dalla sera prima. Eravamo entrate in ospedale insieme verso le 20.00. Il suo bimbo, mi dice, è nato alle 22. La mia alla una e mezza. Del pomeriggio del giorno dopo.
Come avrei presto capito, lei era LaMamma-che-è-tutto-facile. 
L'altra ragazza con la faccia incazzatissima guardava, rigorosamente senza prenderla in braccio, una bimba nella cullina che urlava disperata. Avrebbe passato i seguenti due giorni impegnata alternativamente (e a volte contemporaneamente) nelle seguenti attività: lamentarsi del dolore, lamentarsi della bimba che piangeva, lamentarsi dell'assenza di latte. Semplicemente, emetteva lamenti non sempre verbali ma continui, rigorosamente senza prendere in braccio la bambina. Di fronte alle ostetriche che spiegavano come la piccolina avesse bisogno di conforto e di stimolare il seno per produrre il latte lei opponeva un fermo lamentosissimo rifiuto: non la voleva viziare. LaMamma-che-si-rende-tutto-difficile.
Io in mezzo a queste due, cercavo la mia via. Concentrata principalmente sul tagliare il mondo fuori per capire dove cavolo fosse.
Compito reso molto arduo dall'arrivo del terzo soggetto: LaMamma-stressata. "Ma a me un figlio isterico mi doveva capitare?!" la sento dire urlare mentre scuote il bambino cercando, abbastanza ovviamente senza molto successo, di attaccarlo al seno. La suoneria del suo cellulare fa ancora parte dei miei incubi peggiori.

Perché le cose per la prima mamma fossero facili non è un mistero: era al terzo figlio. Maneggiava il piccolino con una disinvoltura che io mi sognavo, terrorizzata com'ero di storcere un braccio o lasciare cadere. A riprova che un po' di esperienza non guasta per facilitarsi le cose.
Le altre due erano come me: stessa fascia di età, totalmente alle prime armi. Ma ai loro occhi ero io l'aliena: quella serena nonostante la lacrima facile, la cui figlia non piangeva, con montata lattea efficace prima di lasciare l'ospedale. "Ma come fai?" Mi è stato chiesto. A me!? Che sono andata in bagno, sono svenuta e sono venuti a ripescarmi dopo 15 minuti?? Che mi sento morire di fronte all'immane cosa che mi ritrovo tra le braccia!? Però era vero: sembrava che a me le cose venissero almeno un po' più facili. Se non altro perché sorridevo. E mia figlia non passava la maggior parte del tempo a urlare.

E' difficile per tutti. E come tutte le cose difficili, quando manca l'esperienza per semplificarle, restano solo due cose da fare: prepararsi, e poi avanzare con calma. Sono questi due elementi che sembrano mancare spesso in molte mamme. E se c'è colpa, non è certo da imputare a quelle mamme. Supportare una donna in quel passaggio delicatissimo in cui diventa mamma sembra un compito che la società non ritiene di avere e che le famiglie spesso traducono in oppressivo controllo. Disinformato supporto. 
A me all'inizio è andata bene per mille motivi e senza nessun merito (le ombre sono venute dopo, per strade diverse che non erano quelle della mia bambina), principalmente perché pur senza esserlo credevo di essere pronta. Ho creduto di essere pronta perché da sempre amo leggere e qualche pagina sensata, tra i tanti manuali pratici, mi è passata per le mani. Ho creduto di essere pronta perché ho avuto la fortuna di incappare in una maestra di yoga che mi ha dato dritte intelligenti su come gestire il travaglio in prima persona e non per interposta dottore e stimolato il desiderio di preparare un parto da ricordare.
Mi sono sentita pronta perché avevo accanto un marito e una mamma che mi hanno fatto, ognuno a suo modo, il nido intorno: senza un consiglio, un'interferenza, lasciandomi il tempo e lo spazio di connettermi con la mia bambina.

C'è una sapienza originaria che si riattiva nel diventare mamma. SE la si lascia riattivare. Se noi pretendiamo che ci venga lasciato il tempo di riattivarla, o se qualcuno intorno a noi, più saggio di noi o semplicemente già scottato, ci mette nelle condizioni perché questo accada.
E non è il diritto all'epidurale; non è il corso su quelle 4 regole per un buon allattamento; non è la tecnica per respirare; non è Tracy Hogg e non è Estivill. Non è neanche il mio amato Hypnobirthing, anche se francamente di tutte le cose è quella che ci va più vicino.
E' qualcosa che viene da dentro: come l'istinto, o in mancanza di quello almeno il buon senso.
Qualcosa che non sia la disinformata disorganizzazione che a volte sembra imperare nel panico delle prime ore quando tutti quelli che dovrebbero farsi da parte e tacere hanno qualcosa da fare e da dire. 

Friday 1 May 2015

6 BUONE RAGIONI PER PROGRAMMARE UN CESAREO

http://kcamfam.blogspot.co.uk

Dopo aver parlato del parto a domicilio passiamo all'altro estremo: il parto cesareo programmato (del parto cesareo d'emergenza parleremo in un post a sè). Anche se spesso questo tipo di parto viene associato alla freddezza della camera operatoria, l'esperienza del bambino e della mamma non deve necessariamente essere negativa. Il parto cesareo può essere un parto positivo, nel quale dolcezza e amore trovano il loro posto*. 

Nella nostra esperienza personale non abbiamo riscontrato nessun motivo valido per sottoporci a questo intervento (abbiamo avuto la fortuna di avere delle gravidanze senza complicazioni), ma abbiamo in programma due interviste a mamme con esperienza di parto cesareo: una che l'ha vissuto positivamente e una che l'ha vissuto negativamente. Non esitate a farvi avanti se volete dire la vostra

Per il momento, limitiamoci ai fatti e ai protocolli medici.